Per poter capire meglio cos’è il greenwashing partiamo dalla sua definizione, in base a quanto riportato dalla direttiva europea sulle pratiche commerciali scorrette: “Le espressioni “dichiarazioni ambientali” o “dichiarazioni verdi” si riferiscono alla pratica di suggerire o creare l’impressione (nel contesto di comunicazioni pubblicitarie, di marketing o commerciali) che un prodotto o un servizio siano rispettosi dell’ambiente (che abbiano cioè un impatto positivo su di esso) o meno dannosi rispetto a prodotti o servizi simili e concorrenti. […] Se tali dichiarazioni sono false o non possono essere verificate, si può parlare di “green washing” ovvero marketing ambientale fuorviante.”
In realtà è semplice: se un’azienda viene vista come “etica”, vende di più. Un rapporto di McKinsey ha scoperto che la Generazione Z (coloro che sono nati dal 1996 al 2010) tende a spendere di più per aziende o brand che vengono percepiti come etici.
Stando in Europa, un esempio è quello della Volkswagen, accaduto con il tristemente famoso Dieselgate, che ha ammesso di dichiarare falsi test di emissione dei gas nocivi con l’utilizzo di un software che registrava dati falsati a favore della casa produttrice. Tutto questo accadde nel mezzo di una campagna di marketing in cui la VW proclamava la natura green dei suoi veicoli.
1. la parola green attribuita ad un prodotto non significa assolutamente nulla. Molte volte definiscono green un prodotto per una singola qualità eco-friendly, ignorando totalmente altri aspetti o processi produttivi con impatto ambientale decisamente diverso 2. informazioni vaghe in merito alle caratteristiche dei prodotti e certificazioni rilasciate da terze parti 3. affermazioni imprecise e poco chiare per il consumatore 4. false etichette che vantano una certificazione fasulla 5. false affermazioni, qui siamo di fronte ad un’azienda che mente spudoratamente.
Strategie push vs pull
4 step per conoscere i tuoi consumatori
https://www.webmarketingaziendale.it/blog/