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La moka di Bialetti rappresenta, forse più di ogni altro oggetto domestico, il rituale e il gusto del caffè all’italiana. Un’icona presente da quasi un secolo nelle case di milioni di italiani e, ormai, anche di tanti amanti del caffè sparsi in tutto il mondo. Fondata nel 1933, l’azienda Bialetti è sinonimo di creatività e ingegno italiani, portando all’apice la cultura della moka grazie all’inconfondibile “omino con i baffi”, presente su ogni macchinetta.
Il 16 aprile la notizia destinata a segnare un’epoca: Bialetti passa nelle mani di un investitore internazionale, la holding lussemburghese Nuo Capital riconducibile al magnate cinese Stephen Cheng, acquistando la maggioranza assoluta della società e dunque sancendo uno degli episodi più significativi nel processo di internazionalizzazione delle eccellenze italiane. Ma come si è giunti a questo passaggio di proprietà? E quali sono le prospettive per il marchio e per l’intero settore manifatturiero italiano?
Le radici di Bialetti e il mito della moka italiana

© Bialetti
La storia di Bialetti affonda le sue radici negli anni ’20 del Novecento, quando Alfonso Bialetti apre la sua bottega di produzione di oggetti in alluminio a Crusinallo, frazione di Omegna, nel distretto industriale del lago d’Orta. Nel 1933 brevetta la rivoluzionaria caffettiera Moka Express, ispirata al funzionamento delle lavatrici dell’epoca e pensata per preparare in casa, in pochi minuti, un caffè intenso e cremoso come quello del bar.
La moka Bialetti diventa presto uno status symbol e un oggetto di design, tanto da entrare nelle collezioni permanenti di musei come il MoMA di New York. L’espansione avviene negli anni del boom economico sotto la guida del figlio Renato, abile imprenditore e straordinario comunicatore, che affida a Paul Campani la creazione dell’iconico omino con i baffi.
Negli anni successivi Bialetti consolida la sua posizione leader sia in Italia sia all’estero, esportando milioni di moke e contribuendo a plasmare un autentico immaginario collettivo legato all’arte del caffè.
La crisi e le difficoltà: dal mito al rischio declino
Con il nuovo millennio iniziano però a manifestarsi i primi segnali di crisi. Le abitudini dei consumatori cambiano: si diffondono le macchine da espresso e successivamente quelle a capsule, trainate da un marketing aggressivo, mentre la generazione dei giovani adulti si allontana lentamente dalla moka per preferire modalità di consumo più rapide e meno “manuali”. Il crollo delle vendite della moka classica, accompagnato da un elevato indebitamento e da scelte industriali discutibili, pesa gravemente sul bilancio dell’azienda.
Il 2018 rappresenta l’anno più difficile: il gruppo annuncia perdite consistenti e rischia la liquidazione. Solo attraverso il ricorso al concordato preventivo, la ristrutturazione dell’indebitamento e la dismissione di alcuni asset, Bialetti riesce momentaneamente a salvarsi. Inizia una fase di rilancio ventando su innovazione, ampliamento della gamma prodotti (con cialde, capsule, caffè macinato ed elettrodomestici) e una rete di caffetterie, ma la concorrenza internazionale e il peso del debito rimangono ostacoli significativi.
2025: l’acquisizione da parte di Nuo Capital
Nel 2025 si concretizza una svolta storica: la holding Nuo Capital, legata agli investitori cinesi e già attiva da tempo nelle operazioni di acquisizione di marchi d’eccellenza in Europa, firma due contratti di compravendita rilevando circa il 78% delle azioni Bialetti. L’annuncio precede il delisting del titolo da Piazza Affari e l’avvio di un’offerta pubblica di acquisto sulle restanti quote flottanti, determinando la definitiva uscita di Bialetti dalla Borsa milanese e il passaggio del suo controllo in mani asiatiche.
Le motivazioni strategiche dell’operazione sono molteplici: per Nuo Capital, il brand Bialetti unisce il prestigio del made in Italy, un heritage consolidato e un mercato globale che si presta ad un ulteriore sviluppo, in particolare in Asia e negli USA. Allo stesso tempo, la solidità finanziaria di Nuo Capital garantisce nuova linfa al marchio, grazie a investimenti nella ricerca e nello sviluppo, nell’apertura di nuovi canali distributivi e nel potenziamento delle attività digitali.
I dettagli dell’acquisizione: numeri e protagonisti
L’operazione di acquisizione si compone di due principali accordi:
Il primo è stato raggiunto da Nuo Capital con Bialetti Investimenti e Bialetti Holding per l’acquisto del 59,002% del capitale sociale, in cambio di un corrispettivo di 47.334.000 euro.
Un secondo contratto è stato stipulato con Sculptor Ristretto Investment per l’acquisto di un ulteriore 19,565%, per 5.731.000 euro.
Complessivamente, Nuo Capital – tramite la sua controllata Nuo Octagon o altra società designata – acquisirà il 78,567% delle azioni di Bialetti. Il closing dell’operazione è previsto entro la fine di giugno 2025.
Subito dopo sarà avviata un’Offerta pubblica di acquisto totalitaria (OPA) sulle restanti azioni quotate a Piazza Affari, ad un prezzo non inferiore a 0,467 euro per azione, con l’obiettivo dichiarato di portare la società al delisting (uscita dalla Borsa). Il titolo ha reagito subito alla notizia con un rialzo del 59,5% in Borsa, segno delle attese positive (o speculative) generate dall’operazione.
Reazioni e polemiche: il dibattito in Italia
Non è sorprendente che la notizia dell’acquisizione abbia suscitato un ampio dibattito nell’opinione pubblica italiana. Da un lato, c’è chi interpreta la cessione come l’ennesima perdita di una “bandiera” industriale dopo casi simili come Pirelli, Candy, Bertolli, Parmalat e Valentino, evidenziando i rischi della deindustrializzazione e della dipendenza da capitali stranieri. Più in generale, si alimenta un senso di nostalgia per un’Italia industriale in grado di difendere i propri marchi storici e la propria identità produttiva.
Dall’altro lato, molti osservatori e analisti economici sottolineano come, senza l’ingresso di nuovi capitali, la stessa sopravvivenza di Bialetti sarebbe stata a rischio, specialmente in un contesto competitivo e globalizzato. L’acquisizione garantisce la continuità aziendale e, potenzialmente, può offrire nuove opportunità di crescita, con l’apertura di mercati che altrimenti sarebbero rimasti preclusi. Il caso Bialetti diventa così anche un laboratorio per interrogarsi sul significato contemporaneo del “Made in Italy”, tra orgoglio identitario e necessarie sinergie internazionali.
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Prospettive future
Lo scenario futuro dell’azienda della moka non è semplice. L’esperienza di altri marchi italiani ceduti a investitori stranieri offre risvolti differenti: in alcuni casi, come Lamborghini (controllata da Volkswagen), la gestione estera ha consentito un rilancio a livello globale; in altri, la perdita di territori industriali e know-how è stata più marcata. Il futuro “a marchio cinese” di Bialetti ruota attorno ad alcuni interrogativi fondamentali:
- Mantenimento della produzione in Italia: uno dei timori più diffusi è la delocalizzazione delle linee produttive, con il conseguente rischio occupazionale per i lavoratori delle fabbriche piemontesi e la perdita di una tradizione manifatturiera radicata nel territorio. Nuo Capital, almeno nelle dichiarazioni iniziali, sembra intenzionata a preservare il valore del made in Italy mantenendo la manifattura in loco, ma serviranno fatti concreti per rassicurare i sindacati e le amministrazioni locali.
- Valorizzazione del marchio storico: la forza di Bialetti è il brand, percepito in tutto il mondo come sinonimo di qualità e stile italiano. La sfida per i nuovi proprietari sarà investire sull’identità storica e non snaturare il prodotto, magari affiancando strategie di design, storytelling e marketing incentrate sulla sua italianità.
- Innovazione e digitalizzazione: grazie a nuove risorse finanziarie e manageriali, sarà possibile puntare su mercati emergenti (in primis, l’Asia) e l’innovazione di gamma, sia nei materiali sia nelle tecnologie integrate, per dialogare con le nuove generazioni.
- Impatto sulle filiere e sull’indotto: Bialetti non è solo moka, ma anche caffè, capsule, piccoli elettrodomestici e una fitta rete di fornitori e subcontractors. Un cambio di proprietà così rilevante può portare sia a rischi di razionalizzazione sia a nuovi investimenti, a beneficio dell’intera filiera.
Il simbolo oltre l’oggetto: cosa rappresenta la Moka oggi
Al di là delle dinamiche finanziarie, la storia di Bialetti e la sua “italianità” vanno oltre il bilancio economico. La moka è un oggetto democratico, accessibile a tutti; nel rito della preparazione si mescolano memoria, emozioni, gesti familiari. L’aroma della moka evoca mattinate lente, colazioni in famiglia, la cultura della convivialità che caratterizza la penisola.
Probabilmente nessun altro prodotto industriale italiano incarna altrettanto bene il senso di continuità tra passato e presente, tra ingenuità creativa e orgoglio quotidiano. La transizione verso proprietà cinese interroga quindi non solo le strategie manageriali, ma anche il sentimento popolare verso i simboli nazionali.
Conclusione: una scommessa per l’Italia e per il mondo
La vicenda dell’azienda italiana rappresenta uno specchio delle trasformazioni che l’Italia affronta nel nuovo secolo. In un mercato globale in cui il capitale segue logiche sempre più transnazionali, la sopravvivenza dei marchi storici passa spesso dall’incontro tra tradizione e innovazione, tra radici locali e visione internazionale.
Se la scommessa di Nuo Capital sarà vincente, Bialetti potrà rafforzare ulteriormente la sua posizione sui mercati mondiali, portando l’aroma della moka italiana sulle tavole di milioni di nuovi consumatori. Ma perché questo accada, sarà necessario preservare i valori che ne hanno fatto un mito: qualità, design, rapporto con il territorio e capacità di reinventarsi senza perdere la propria identità.
Ora passerà dalla capacità degli azionisti cinesi di comprendere e valorizzare ciò che la moka rappresenta per l’Italia e per il mondo intero. Solo così il piccolo “omino con i baffi” potrà continuare a sorridere anche nei prossimi cento anni, restando non solo simbolo di un modo di fare caffè, ma metafora della resilienza e della creatività italiane in un pianeta senza confini.
Fonti:
- Bialetti passa alla cinese Nuo, presto il delisting
- La società di macchine per caffè passa a Nuo con un’opa per lasciare Piazza Affari
- Bialetti passa ai cinesi, la Moka dirà addio alla Borsa