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Trasformare una piccola azienda digital in un colosso con fatturati da capogiro è possibile grazie alle strategie di growth hacking: il caso di Spotify e non solo…
Ti stai chiedendo cosa c’entra Spotify con il growth hacking?
Ti rispondo subito…
In questo articolo racconterò alcuni passaggi della storia dell’app che ha rivoluzionato il modo di ascoltare la musica e scoprirai quanto una strategia di growth hacking può cambiare per sempre il destino di un business.
Se è vero che i case study sono probabilmente il modo migliore per spiegare le vere motivazioni che stanno dietro ad un successo, quello che sto per raccontarti è davvero esemplare.
Non perderò troppo tempo spiegandoti cosa è Spotify perché certamente lo conosci già. Anzi, probabilmente sarai anche uno dei 50 milioni di utenti nel mondo che già la utilizza. Si tratta di un servizio musicale che offre lo streaming on demand di una selezione di milioni brani di moltissime case discografiche ed etichette indipendenti.
Questo significa che per avere sempre con me le ultime novità discografiche non devo più né compare album sugli store digitali (occupando parecchia memoria sui miei device) né, tanto meno acquistare decine di cd al mese… Questo semplicemente perché avrò sempre tutto con me grazie a questo servizio in abbonamento (esattamente come accade per i film con Netflix).
E pensa che allo stesso tempo è stato il modo di sconfiggere una volta per tutte il fenomeno della pirateria che aveva visto una crescita abnorme negli anni precedenti grazie a programmi come Napster o altri tool peer to peer.
Ti dico solo, che la prima volta che ne ho sentito parlare anch’io, fu con un tweet di un amico che l’aveva da poco installata sul proprio smartphone e aveva letteralmente commentato così: “Spotify è la svolta”.
Aveva ragione.
Eppure non devi pensare che Spotify fosse partito come un business dalle risorse infinite. Ma, piuttosto, come un’idea rivoluzionaria, che è diventata un colosso del web grazie a tutta una serie di canali di marketing e ad una strategia che lo ha portato a crescere rapidamente sfruttando al massimo ogni strumento e mezzo di promozione messo a disposizione dalla rete. In una parola, anzi due: growth hacking.
Growth Hacking: il caso Spotify
La musica è un’industria gigantesca e miliardaria e la competizione non potrebbe essere più dura. Tuttavia, c’era un buco in questo mercato apparentemente off-limits. Quando Spotify è stato lanciato nel 2011 lo ha fatto con una differenza tanto semplice quanto potente: tutta la musica che desideri sempre disponibile sui tuoi dispositivi in cambio di una tariffa mensile piuttosto conveniente.
La crescita ovviamente è stata immediata.
Da dove nasce l’idea di Spotify?
Daniel Georg Ek, classe 1983, è un giovane startupper svedese con una passione per la musica e la tecnologia tecnologia, come molti suoi coetanei. Uno che se la passa già bene da quando, a soli 13 anni, si è messo a creare siti web per i clienti da casa sua…
Ma questa non è la classica storia del ragazzo prodigio partito da uno scantinato e salito alla ribalta delle cronache. È qualcosa di diverso.
Daniel è un imprenditore con la “I” maiuscole e non si accontenta. Cerca una nuova sfida imprenditoriale, così si rivolge a Martin Lorentzon e insieme iniziano a studiare un modo per creare una piattaforma web da cui poter ascoltare e scaricare musica in modo legale.
Su Wikipedia si legge che Ek ebbe l’idea per Spotify per la prima volta nel 2002, quando il servizio di musica peer-to-peer Napster chiuse e un altro sito illegale, Kazaa, prese il sopravvento. Ek ha detto che si è reso conto che “…Non si può mai legiferare con la pirateria: le leggi possono sicuramente aiutare, ma non tolgono il problema. L’unico modo per risolvere il problema era creare un servizio migliore della pirateria e allo stesso tempo in grado di compensare l’industria musicale”.
Ma non è solo l’idea rivoluzionaria ad aver ispirato il business Spotify il segreto di questo successo planetario. Perché è grazie alla strategia di growth hacking messa in campo che questa crescita esponenziale è stata possibile.
Spotify è accessibile anche in versione free. Tutti possono provare i benefici di questa app senza spendere un euro. E la versione free non è affatto inutilizzabile a causa della pubblicità come capita per altri servizi online, bensì perfettamente fruibile pur con evidenti limitazioni di accesso ai contenuti.
La novità rispetto ad altre app è che Spotify ha posizionato delicatamente gli annunci pubblicitari in modo che non disturbassero gli utenti (il 70% del reddito pubblicitario va ai detentori dei diritti dei brani).
Prima del debutto negli Stati Uniti nel 2011 (in collaborazione con Facebook, che era un altro grande sostenitore della crescita iniziale), la versione beta del servizio è stata lanciata in più paesi europei (a Stoccolma nel 2006). Queste prime release hanno permesso all’azienda di ottimizzare il proprio messaggio di marketing e le strategie migliori per raggiungere gli acquirenti prima del grande salto nel gigantesco mercato musicale statunitense.
Il lancio negli States ha sancito l’esplosione di Spotify, aumentando il traffico web a ben oltre un milione di visitatori al mese nel giro dei primi quattro mesi. La loro partnership con Facebook e l’integrazione con il social network hanno permesso di crescita esponenziale guadagnando 1 milione di nuovi utenti in un mese.
Oggi Spotify è un prodigio il cui fatturato è raddoppiato passando da 1,94 miliardi di euro nel 2015 ai 4,09 miliardi di euro nello scorso anno con una crescita annuale del 45%: ricavi che arrivano dalla pubblicità e dagli utenti che scelgono di scaricare la versione premium in abbonamento.
Perché le case discografiche non lo hanno ostacolato? All’inizio qualcuna ci ha anche provato salvo poi tornare sui suoi passi, perché grazie a Spotify anche le major discografiche hanno i loro profitti e soprattutto non devono più vedersela con il loro peggior nemico: la pirateria musicale.
Non solo Spotify…
Quando si parla di growth hacking, Spotify non è il solo prodigio. Sono molte le aziende online che oggi hanno fatturati da capogiro ma che sono riuscite a raggiungere questo status non tanto grazie ad investimenti folli in advertising bensì grazie a strategie multidisciplinari tra web marketing, comunicazione e programmazione.
Qualche nome illustre? AirBnB, Hotmail e tanti altri… Ma di loro parleremo molto presto in prossimi articoli.
Per il momento ti saluto dandoti il Benvenuto nel monndo del growth hacking…
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